Il professore, psicoterapeuta, criminologo clinico (e tifoso juventino) Silvio Ciappi affronta il delicato ed attuale tema “Covid e calciatori” insieme al figlio Mattia, appassionato di calcio e tifosissimo della Juventus. Ecco la sua intervista esclusiva ai microfoni di MondoBianconero.com
La mente è relazionale e le performance sportive sono direttamente
collegate, proporzionalmente, al benessere psicologico. Il COVID-19 ha
sconvolto la vita delle persone e degli sportivi sottraendo “il
contatto” e molte abitudini dalla quotidianetà: quanto ha inciso sulla
psicologia di un calciatore abituato al pubblico negli stadi e agli
abbracci dopo un gol?
Certamente molto. Lo sportivo a grandi livelli per definizione è abituato a confrontarsi non solo con gli avversari ma anche con le migliaia e migliaia di persone presenti allo stadio. L’emergenza Covid e la conseguente chiusura degli stadi al pubblico può aver causato due tipi di conseguenza nelle mente e nella prestazione dei giocatori. Uno positivo e uno negativo. Ci sono calciatori che hanno bisogno del pubblico, che non riescono a fare altrimenti. Mi riferisco a tutti quei calciatori che godono che dopo un loro dribbling ci sia l’ovazione generale o che dopo una rete il nome e il cognome del marcatore venga urlato ripetutamente dai tifosi. Oppure anche quei calciatori come Ibrahimovic, Ronaldo e Icardi che ricevono “fischi da paura” per tutta la partita e questo li incentiva a fare ancora di più. Questi calciatori dall’assenza del pubblico perdono sicuramente qualche incentivo alla spettacolarità del loro gioco. Poi ci sono quei calciatori, in particolare i più giovani, che temono fare l’ingresso in uno stadio con più di 50.000 occhi puntati contro e pronti ad applaudire o schernire ogni giocata. Questo tipo di calciatori possono trarre dall’assenza del pubblico un vantaggio, uno stimolo in più. Giocano senza il giudizio dei tifosi, più spensierati e magari le prestazioni sul campo sono migliori. Il caso più eclatante è stato sicuramente quello di Josip Ilicic, fortissimo calciatore dell’Atalanta, che a causa della positività al Covid19, si è rinchiuso in una forma depressiva che lo ha tenuto lontano dai campi da marzo fino a settembre. Proprio nei momenti in cui la Dea aveva bisogno delle sue giocate per proseguire il proprio cammino nella Champions League.
La maggior parte delle squadre in Premier League hanno i consulenti
psicologici che valutano la situazione mentale dei calciatori… in
Italia come siamo messi?
Lo psicologo dello sport all’interno del calcio sta, negli ultimi anni, avendo un espansione sempre maggiore.
Ovviamente, a differenza di quanto si possa pensare, non ci si rivolge solo al professionismo di alto livello, ma, anzi, sono sempre di più i colleghi che lavorano nei settori giovanili di squadre più o meno professionistiche. Forse un punto di criticità è ancora il professionismo dove, soprattutto nelle prime squadre, ancora la figura non è ben posizionata, a differenza di altri paesi europei dove ogni i società professionistica ha uno o più psicologi al loro interno che lavorano dalla prima squadra ai settori dei primi calci.
Quello che è importante da chiarire è che, il rapporto che si instaura tra lo psicologo dello sport e l’allenatore è un rapporto importante, di fiducia. E’ pertanto importantissimo che sempre di più lo psicologo venga coinvolto nel mondo dello sport dove entrano in gioco fattori come la motivazione, l’autostima, la competizione ma anche la frustrazione, l’ansia che possono giocare un ruolo determinate nelle performances di ogni sportivo. Mi riferisco in particolar modo ai giovanissimi e a chi gioca nelle serie inferiori ovverosia in quelle situazioni dove il supporto psicologico è estremamente utile per motivare il ragazzo, per fargli tollerare le frustrazioni, per accrescere le sue performences. La psicologia sportiva adesso è molto avanzata e conosco bravissimi colleghi che attraverso una accurata analisi diagnostica di ogni sportivo, a partire da quello che io chiamo la ‘trama’ individuale, riescono a evidenziarne i punti di forza e di debolezza, le carenze, le paure principali, ma anche le risorse psicologiche.
Un calciatore che finge di non aver avuto problemi derivati dal lockdown può nascondere paure latenti ed essere condizionato nel rendimento in campo?
Sicuramente. Comunque sia l’esperienza del virus che dell’isolamento crea una sorta di ‘trauma’, ovverosia di incertezza e di precarietà in chi ha vissuto l’esperienza. Situazioni che possono ovviamente pregiudicare il rendimento in campo. Non scordiamoci che alcune ricerche stanno sempre più dimostrando le complicanze psichiatriche anche dopo la guarigione, come sindrome da fatica cronica, fibromialgia, disturbi del sonno, quadri ansioso-depressivi, sensazione di numbing (confusione, ottundimento) che alterano una normale ripresa e rendimento sia sportivo che esistenziale.
Il caso Ibrahimovic, Le dichiarazioni “Il COVID mi ha sfidato…pessima
idea”. La regione gli fa girare un video a palazzo Lombardia per
trasmettere il video-messaggio “Non siete Zlatan, non sfidate il virus”.
Qual è stato il vero problema nella comunicazione di Ibra?
<<Tu non sei Zlatan, non sfidare il Covid>>. In questo breve ma fulminante messaggio c’è tutto Ibrahimovic. Un autentico fuoriclasse, che a 39 anni compiuto sta continuando a fare la differenza in serie A. Lui, che in apparenza è uno spaccone al quale spesso piace atteggiarsi da “gran bel figo” o da “dio sceso in terra”, ha voluto inviare ufficialmente un importante segnale ai milioni di uomini, donne, ragazzi e bambini che lo seguono per ricordare loro di stare in casa e di utilizzare le mascherine perchè con il virus non si può scherzare. Lui quando scoprì di essere positivo fece simpaticamente lo sbruffone e sentenziò: “Covid, mi hai aggredito ma non sai con chi avrai a che fare”. Una frase tanto paradossale che faceva sorridere e ispirava simpatia per quello ‘bullo’ genuino e istintivo. Zlatan Ibrahimovic ha, invece, ricevuto i complimenti ufficiali da parte dei rappresentanti del Comune di Milano e del governatore della Lombardia Fontana per questo essersi esposto in prima persona sostenendo la campagna anti-Covid che in questi giorni drammatici per l’intera Europa assume una valenza nevralgica. I numeri dei contagi, dei decessi, delle terapie intensive sono da brividi e la minaccia di un lockdown totale anche per l’Italia, dopo Francia e Germania, è tristemente sempre più attuale.
Sulla dichiarazione schok di Ronaldo “Mi sento bene e in salute, Il
tampone è una stxxxxxa”. Ha esagerato ed ha cancellato successivamente
il post. Cosa può spingere un calciatore famosissimo e ricchissimo a
scrivere una cosa di questo tipo?
Ronaldo sicuramente ha sbagliato a esprimere un messaggio del genere. Ha sbagliato in virtù del fatto che è la persona fisica più seguita al mondo sui social, quindi ha una responsabilità maggiore. Dietro lo sfogo di Ronaldo, c’è però tutta la sua voglia di dominare, c’è lo sportivo che vuole vincere e che si trova invece costretto a rimanere internato a casa senza sintomi. Ronaldo, che da quanto è tornato disponibile ha incominciato di nuovo a segnare a raffica, non ha sopportato l’idea di rimanere fermo. La sua forza, la sua grinta, la sua classe volevano tornare a essere protagonisti in campo e non in quarantena.
Quali sono le raccomandazioni durante l’isolamento per un perfetto
rientro in campo?
Rilassamento psicologico e sensomotorio, innanzitutto ricorrendo anche a pratiche come la mindfulness, ad esempio. Non solo ma anche l’impiego di vitamine e ricostituenti che restituiscano energia alle cellule spossate dal virus così come la ripresa di quelle piccole attività, un lavoretto domestico, dedicarsi con maggiore ascolto ai figli, ai familiari, alle persone care, la lettura di un libro o un film che possano restituire e dare un senso alle piccole cose dimenticate o trascurate. Sicuramente un sostegno psicoterapico (anche a distanza) è di estrema importanza per riuscire a dominare l’ansia da prestazione, ed ogni eventuale insorgenza psicofisica. Ricordiamo che la psicologia è anche e soprattutto tesa a rafforzare gli elementi postivi dentro ognuno di noi.