Normalmente bastano le note di ingresso della musica della Champions League per trasformare una gara qualunque in match da mille e una notte. Champions League, si sa, è sinonimo di spettacolo. Di gara tra tutte le gare.
Zenit – Juventus appartiene ad una di quelle serate dove neanche il profumo d’Europa riesce a regalare spettacolo. Una gara bloccata, a tratti noiosa. Trainata da un unico motivo: il possesso palla bianconero, le fiammate dei padroni di casa, e tanta inconcludenza negli ultimi metri. Una gara, insomma, figlia dell’arte di accontentarsi, dove nessuna delle due squadre sembra volere affondare.
Si accontenta la Juve. Sazia dopo la notte magica per i colori bianconeri, quella si, della vittoria contro il Chelsea. Una Juventus a cui sì, tutto sommato il pareggio potrebbe anche andare bene. Soprattutto perché la prossima gara è il derby d’Italia contro l’Inter. I piedi in Russia, la testa che fa la spola con Milano. Anche per Massimiliano Allegri, che dosa le forze dei suoi in vista dell’impegno principe del nostro campionato.
Si accontenta (o meglio si accontenterebbe) del pareggio anche lo Zenit, che chiude gli spazi conscio di un avversario sulla carta nettamente più forte, prova a sorprendere con la velocità dei suoi attaccanti e ad approfittare di una Juventus non impeccabile tecnicamente, ma alla fine la squadra russa deve piegarsi ad una massima insindacabile: la legge del “prima non prenderle” nasce in Italia.
Ed ecco che allora, ritrovata la solidità, senza troppi rischi, quasi per caso, arriva la più classica vittoria Allegriana: Kulusevski mette dentro al’86 la palla del vantaggio bianconero. Basta una rete. Tre vittorie su tre, nove reti su nove. Percorso europeo perfetto. Massimo risultato, minimo sforzo questa sera e tante energie ancora da spendere Domenica. Per una Juventus sempre più “Max”. Non bella, ma efficace. “Italiana” come non lo era da tempo